Pomodoro Arnaldo, Sfera n. 5, 1965
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Arnaldo Pomodoro
Sfera n. 5, 1965
bronzo, ∅ 80 cm
La sfera è un oggetto meraviglioso, la sfera viene dalla maga, dai maghi, che sia di vetro che sia di bronzo, che sia piena d’acqua; e anche la sfera è il ventre materno, penso… La sfera è un oggetto straordinario perché riflette qualsiasi cosa ci sia attorno e crea contrasti tali che a volte si trasforma e non appare più. Resta invece il suo interno, tormentato e corroso, pieno di denti, e alcuni dicono che è un elemento che si può agganciare alla tecnologia – non so, è strano il rapporto… Tutto quello che c’è dentro la sfera è proprio l’energia in una forma. La sfera può rappresentare anche la terra; la sfera può rappresentare il mondo, il mondo d’oggi… Che può essere corroso dalla civiltà tecnologica. Io non lo so: io desidero che, guardando la sfera, ci sia nell’interno questa vitalità; e uno possa anche visualizzare il fatto che la sfera si possa scindere, come un campo di forze. Ecco ciò che mi muove a fare le sfere: rompere queste forme perfette e magiche per scoprirne (cercarne, trovarne) le fermentazioni interne, misteriose e viventi, mostruose e pure; così provoco col lucido levigato un contrasto, una tensione discordante, una completezza fatta di incompletezza. Nello stesso atto, mi libero di una forma assoluta. La distruggo. Ma insieme la moltiplico.
da: Arnaldo Pomodoro Sphere within a sphere for the U.N. Headquarters, Roma, Il Cigno Galileo Galilei, 1997, pp. 14-15
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Pomodoro Arnaldo, The Pietrarubbia Group, 1975-2015
/in Arnaldo Pomodoro, bronze, iron, Loans, Long-term loans, Milan, sculpture, steel /by fap3
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Arnaldo Pomodoro
The Pietrarubbia Group , 1975-2015
bronzo, ferro, acciaio e legno, 280 × 1300 × 1300 cm
The Pietrarubbia Group (1975-2015) è, secondo Giulio Carlo Argan, una di quelle opere che, nel pieno della maturità di un artista, rappresentano un riepilogo e un bilancio di tutto un passato. Arnaldo Pomodoro è marchigiano; abita a Milano, ma non ha mai reciso il legame che lo unisce al paese dov’è nato. Lo stesso tema centrale della sua opera di scultore, la memoria e il tempo, ve lo riporta. Pietrarubbia è un borgo delle Marche rimasto per molti anni abbandonato: Pomodoro ne ha recuperata l’antica vicenda storica e l’ha eletto a topos simbolico del suo lavoro. Il monumento è una grande struttura orientabile inserita nello spazio come una macchina del tempo che capti e trascriva il vissuto, le tracce invisibili degli eventi accaduti in quel luogo. Quelle memorie si traducono in segni indecifrabili, infatti l’artista non si è mai proposto di illustrare o raccontare una storia; ha ascoltato il ritmo silenzioso del tempo e l’ha espresso in termini di spazio. La complessa struttura ambientale è un’opera in progress composta inizialmente di tre elementi: Il fondamento e L’uso (blocchi fissi e duplici) e Il rapporto (due porte girevoli e combacianti); cui si sono successivamente aggiunti i due pannelli della Quotidianità. Solo nel 2015 Pomodoro ha completato l’opera con gli ultimi due elementi, Gli assoluti, uno dedicato al dolore e l’altro alla speranza.
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Pomodoro Arnaldo, Le battaglie, 1995
/in Arnaldo Pomodoro, fiberglass, sculpture /by fap3
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Arnaldo Pomodoro
Le battaglie, 1995
fiberglass con polvere di grafite, 320 × 1200 × 65 cm
Nel 1996 Pomodoro venne invitato dalla Marlborough Gallery di New York ad allestire una mostra personale, ideata appositamente per gli spazi della galleria. Pensò a un grande rilievo nero in fiberglass con polvere di grafite, che correva lungo il muro principale, bianco, creando un suggestivo impatto visivo. Successivamente Le battaglie vennero mostrate in permanenza nella prima sede espositiva della Fondazione Arnaldo Pomodoro a Quinto de’ Stampi di Rozzano. L’aspirazione architettonica del segno gestuale trova compiuta espressione nella trama di aculei e solchi, nell’intreccio di corde e bulloni, che si svolge per una lunghezza di 12 metri. Così lo scultore parla della sua opera: “Ricco di forme angolari, spigolose e taglienti; di denti, di frecce, di lance, e di diversi materiali (grovigli di corde, cunei, bulloni…) il rilievo dà un senso forte di dinamicità e confusione, create dall’incontro e dallo scontro di tutti questi elementi in movimento.” Luciano Caprile descrive così il movimento interno alla scultura: “Un muro di simboli, di frecce, di ordinato caos. Afferma Pomodoro di essere rimasto affascinato dai geroglifici, di aver scoperto uno straordinario rapporto tra il segno e una forma magmatica, in divenire, di aver sentito la necessità anche fisica di incidere qualcosa nella materia. Allora tra l’autore e l’opera che sta nascendo inizia la lotta, la battaglia non solo nei confronti della materia ma soprattutto tra l’idea e la sua adeguata realizzazione.” E proprio una battaglia rinascimentale sembrano evocare le lame acuminate e i lacerti materici, che stridono e si accalcano per conquistare lo spazio. Lo intuisce Pepe Karmel, in un articolo apparso su The New York Times, in cui la scultura di Pomodoro viene paragonata a una famosa tavola dipinta di Paolo Uccello: “Le Battaglie sembrano tradurre La Battaglia di San Romano con il linguaggio dell’astrattismo moderno. Un ritorno al Rinascimento.” Lance e spade, elmi e corazze, cavalli e cavalieri sul campo di battaglia si trasfigurano in un incastro di forme geometriche, lame e cunei.
da: L. Respi, in Arnaldo Pomodoro. Grandi Opere 1972-2008, catalogo della mostra, Milano, Fondazione Arnaldo Pomodoro, 2008, p. 168
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Pomodoro Arnaldo, Lancia di luce, II, 1985
/in Arnaldo Pomodoro, bronze, Loans, Long-term loans, Milan, sculpture /by fap3
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Arnaldo Pomodoro
Lancia di luce, II , 1985
bronzo lucido e bronzo patinato, h 700 cm, sezione 120 × 120 × 120 cm
Lancia di luce è un’opera progettata in riferimento al lavoro di fonderia, con l’idea leggera e assoluta di un elemento monumentale a sezione triangolare, come un obelisco puntato verso l’alto, un moderno segnale dalla via o dal cielo, con il suo forte richiamo di luce. Nella scultura si può leggere, per così dire, la storia industriale dal trattamento del ferro con i suoi detriti alla fusione dell’acciaio e alle operazioni sul materiale incandescente: una metafora dell’invenzione umana e dello sviluppo di ogni ricerca.
da: Arnaldo Pomodoro, catalogo della mostra, Milano, Skira, 2016, p. 154
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Pomodoro Arnaldo, Obelisco per Cleopatra, 1989-2008
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€10,00€5,00Catalogue of the exhibition at Castello di Soliera, October …
Arnaldo Pomodoro
Obelisco per Cleopatra, 1989-2008
corten e bronzo, 14 × 1,40 × 1,40 m
L’Obelisco per Cleopatra è, quindi, il segno presente di un viaggio in timelapse nell’interiorità di Arnaldo Pomodoro alla scoperta delle passioni che hanno stimolato la sua creatività e orientato il suo sguardo critico verso la vita e la storia, filtrate attraverso il medium del teatro e poi della scultura. La maschera teatrale che indossa l’attore consegnando la ribalta al suo personaggio segna il confine di uno spazio mentale dentro al quale Arnaldo Pomodoro fatica a delimitare il suo anelito di infinitezza, metafora di libertà e di serenità che ogni essere umano dovrebbe meritare. Ecco perché la geometria perfetta dell’obelisco viene corrosa da un potente segno informale, istintivo ma sempre razionale, in grado di svelare l’inganno dei sensi quando la vita è vissuta solo superficialmente. “Il teatro – racconta Arnaldo Pomodoro – è stato una nuova fonte di rivelazioni in termini di ideologia, mito e forma, e specialmente nelle sculture di grandi dimensioni mi ha incoraggiato e persino ispirato a sperimentare nuovi approcci e nuove idee per sculture disegnate per luoghi specifici in cui relazioni con l’ambiente fisico circostante, paradigmi culturali e funzioni utilitaristiche possono giocare un ruolo importante”.
da: L. Respi, Un obelisco per la postmodernità, in Arnaldo Pomodoro. Obelisco per Cleopatra, a cura di L. Respi, Milano, All Around Art, 2020, p. s.n.
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Pomodoro Arnaldo, Rotante primo sezionale n. 2, 1966
/in Arnaldo Pomodoro, fiberglass, Loans, Long-term loans, Rome, sculpture /by Matteo Maroni
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Arnaldo Pomodoro
Rotante primo sezionale n. 2, 1966
fiberglass, ø 120 cm
Quello che distingue – e salva, credo – l’opera di Arnaldo dal decadere a merce preziosa preda della civiltà dei consumi è una sua oscura e istintuale consapevo¬lezza di essere tramite d’un’idea, di agire seguendo un impulso autentico che rimane tale proprio perché s’imposta e s’appoggia sul rude lavoro. Non intendo qui fare del sentimentalismo esaltativo dell’aspra lotta manuale per la vita; però un fatto è certo: lavorando direttamente le sue sculture – come gli ho visto fare sin dai tempi ormai remoti dei suoi primi gioielli, dei negativi in terra, delle sculture bidimensionali e informali, su su, fino alle grandi composizioni volumetriche, alle sfere corrose, alle colonne spaccate, ai recentissimi rotanti di impeccabile acciaio – Arnaldo ha potuto ogni volta riscattare con il suo lavoro l’immancabile mercificazione delle sue opere: si è salvato – attraverso un primitivo e spontaneo simbolismo personale – dalla mera eleganza della forma fine a se stessa.
[…]
Dopo una prima lunga fase legata ancora alla sensibilità della materia, alla negativizzazione dell’immagine, doveva esplodere una seconda fase, quella che ha già visto la realizzazione di numerose opere che vanno dal rotante al rotante massimo al rotante a fori e canali, opere in parte ancora in bronzo lucidato, in parte in acciaio inossidabile, in plexiglas; quasi sempre prive di ogni riferimento alle superfici corrose o alle sfere spezzate di ieri, e dove invece l’elemento “negativo”, “distruttivo”, è costituito dalle aperture, dagli spazi circolari beanti.
da: G. Dorfles, in Libro per le sculture di Arnaldo Pomodoro, Milano, Gabriele Mazzotta editore, 1974, pp. 189-191
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Pomodoro Arnaldo, La Colonna del viaggiatore, 1965/66, II, 1965-1966
/in Arnaldo Pomodoro, bronze, Loans, Long-term loans, Rome, sculpture /by fap3
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Arnaldo Pomodoro
La Colonna del viaggiatore, 1965/66, II, 1965-1966
bronzo, 360 × ø 50 cm
La Colonna del viaggiatore, 1965/66 è un’opera tra le più significative del percorso artistico di Arnaldo Pomodoro e gli valse, nel 1967, uno dei sei Premi Internazionali di Scultura del Carnegie Institute di Pittsburgh, insieme a Josef Albers, Francis Bacon, Victor De Vasarely, Joan Miró, Eduardo Paolozzi. La scultura, poi acquistata da Nelson Rockefeller, è ora nella collezione della Rockefeller Estate, Kykuit, Sleepy Hollow, NY. Un altro esemplare dell’edizione è stato acquisito dalla National Gallery of Victoria di Melbourne nel 1969, mentre la prova d’artista fa parte della collezione della Fondazione Arnaldo Pomodoro sin dalla sua costituzione, ricevuta in donazione da parte dello stesso artista.
Le colonne testimoniano una costante importante nell’arte di Pomodoro fin dai primissimi anni Sessanta: la meditazione sulle forme geometriche, come un richiamo ai modelli imprescindibili dei codici sculturali. La colonna è elemento portante della classicità, nel suo significato architettonico quanto nell’essere luogo dove si svolgono storie, come testimoniano gli obelischi egizi e le colonne romane. Pomodoro recupera fortemente questo senso del racconto: inserendo il segno corrosivo sul modello archetipo, infrangendolo e riproponendolo in forme nuove, cariche di significati allusivi che vanno dal ricordo di antiche civiltà in rovina a inquietanti strutture postmoderne.
“La colonna – spiega l’artista – non corrisponde unicamente a una forma geometrica elementare, il cilindro, ma costituisce anche un motivo ricco di memorie. Si stabilisce un rapporto tra la superficie esterna, su cui ho operato spaccature longitudinali e trasversali, e i segni, cioè gli interventi di scrittura che emergono dal suo interno. La Colonna del viaggiatore, in particolare, indica il desiderio di scoprire lo spazio (dopo il volo di Gagarin per me il viaggiatore era il novello conquistatore del cosmo) e rimanda al variegato tema del viaggio, che è anche conversazione, è presente, passato, memoria e fantasia, è movimento”.
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Pomodoro Arnaldo, La Colonna del viaggiatore, 1960, I, 1960
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Arnaldo Pomodoro
La Colonna del viaggiatore, 1960, I, 1960
bronzo, 300 × 120 × 28 cm
Come l’artista stesso ha ricordato: “Ho cominciato a capire dunque che la mia via era muovere la superficie, convessa e concava, con una mia lista di segni. Mi ricordo che Guido Ballo li definì ‘tagli di infinito’. Il primo passo successivo viene dal fatto che non era tutta scritta la superficie, bensì c’erano i giochi già fra lo spazio liscio e quello inciso”. La Colonna del viaggiatore del 1960 ne rappresenta una straordinaria evoluzione, che riassume tutti gli elementi e le indagini precedenti. Le parti più drammatiche – quasi aperture telluriche e crepacci nella materia che si inarca e si rivela – emergono da una scrittura di nervi e tendini mai calligrafica o ridondante, ma sempre in tensione. È come se l’artista esercitasse nello splendore della materia bronzea l’occhio dello speleologo, rivelando tutta una parte nascosta, che sta sotto la pelle: un’anatomia di territorio antico e futuro. Il bassorilievo assume qui in modo significativo la forma della stele, che comprende gli elementi del fondo, dell’aggetto, del segno-materia, l’idea del sedimento e dello scorrere del tempo.
da: L. M. Barbero, Arnaldo Pomodoro. Una tensione discordante, in Arnaldo Pomodoro. 1955-65, catalogo della mostra, a cura di L. M. Barbero, Firenze, Forma edizioni, 2019, pp. 31-33
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Pomodoro Arnaldo, La Colonna del viaggiatore, 1959, I, 1959
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Arnaldo Pomodoro
La Colonna del viaggiatore, 1959, I, 1959
piombo e legno, 194 × 30 cm
Gillo Dorfles scrive – a proposito di una serie di opere della quale fa parte anche La Colonna del viaggiatore, 1959, I – che “si trattava di macchine umane, di macchine non funzionanti che avevano lo stesso valore delle antiche pietre sacre, delle remote cittadelle cosmogoniche. Era logico perciò che Pomodoro si valesse di quei particolarissimi segni (segni del tutto asemantici, di cui egli stesso ignorava il significato) per dettare il suo peculiare messaggio; e certo questi segni non dovevano essere intesi (come alcuni critici vollero) come riferimenti ad antiche culture, ad alfabeti arcaici”.
da: G. Dorfles, in, Libro per le sculture di Arnaldo Pomodoro, Milano, Gabriele Mazzotta editore, 1974, p. 191; poi in Scritti critici per Arnaldo Pomodoro e opere dell’artista 1955-2000, a cura di L. Berra, B. Leonetti, Milano, Lupetti Editori di Comunicazione, 2000, p. 90
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Pomodoro Arnaldo, In memory of J.F. Kennedy, 1963-1964
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Arnaldo Pomodoro
In memory of J.F. Kennedy, 1963-1964
bronzo, 160 × 160 × 45 cm
Racconta Arnaldo Pomodoro: “Mentre preparavo le sculture da esporre nella mia sala personale alla Biennale di Venezia del 1964 fui tanto colpito dalla notizia dell’assassinio di Kennedy che decisi di realizzare un’opera a lui dedicata. Si tratta di un blocco squadrato di bronzo, dove la forma geometrica è animata da una serie di segni indecifrabili ed emblematici che visualizzano il carattere drammatico degli eventi. Come ha detto Argan: ho ascoltato il ritmo silenzioso del tempo e l’ho espresso in termini di spazio”.
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