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Luigi Mainolfi, Sole gabbia, 1997 – Horti dell'Almo Collegio Borromeo, Pavia, 2022 (Foto Federico Giani)

Luigi Mainolfi
Sole gabbia
, 1997

ferro, ∅ 350 × 51 cm

Protagonista dell’arte italiana dagli ultimi anni Settanta, Mainolfi è stata una figura di passaggio dalle ricerche più concettuali a quelle più dichiaratamente liriche o narrative che hanno connaturato gli anni Ottanta (e oltre) italiani . La sua poetica si è sempre bilanciata su una figuratività allusiva, estremamente sintetizzata, sempre sul punto di diventare astrazione (ma senza alcun timore di “fare figura”). Il mondo che Mainolfi illustra ha un sapore di favola, allude alle tradizioni della sua terra d’origine, fortemente trasfigurate dalla sua forte carica inventiva. Adotta la terracotta, materiale legato alle culture popolari, ma anche ogni sorta di materia risulti adatta alla sua ispirazione. Il tondino di ferro gli consente di creare strutture leggere e aeree anche quando assumono grandi dimensioni, e di giungere alla realizzazione di grandi formati senza corpo, senza massa, solo scheletro. Con queste soluzioni in particolare la referenzialità si assottiglia, anche se la scultura non diventa mai propriamente astratta. Ci pensano infatti i titoli a allacciare la forma ad una struttura ad un significato riconoscibile, anche quando questo rasenta il paradosso, come nella corrispondenza fra la forma del sole e quella della gabbia che dovrebbe contenerlo.

da: Fondazione Arnaldo Pomodoro. La Collezione permanente, catalogo della mostra, a cura di G. Verzotti, A. Vettese, Milano, Skira, 2007, p. 176.