Pomodoro Arnaldo, Sfera di San Leo, 1996-2000
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Arnaldo Pomodoro
Sfera di San Leo, 1996-2000
fiberglass, ø 550 cm
La Sfera di San Leo, qui nella versione in fiberglass bianco, è molto diversa dalle precedenti sfere di Pomodoro. L’intera superficie della sfera è segnata con frecce, denti e crepe: sembra che l’erosione che ne divorava l’interno abbia minacciosamente raggiunto anche l’esterno, lasciando però emergere un’altra sfera, piccola e lucida, che rimanda all’idea di nascita e rinnovamento.
L’artista racconta: Ho realizzato quest’opera in occasione della mostra nella Rocca di San Leo dove era stato esposto un primo modello in fiberglass e polvere di ferro, mentre l’esemplare in bronzo è stato esposto per la prima volta nella mostra di Parigi del 2002. Dopo tanti interventi su questa forma, quella della sfera, non mi restava che ritornare all’inizio: pensando al Medioevo – la rocca di San Leo risale a quell’epoca – ho segnato la superficie della sfera con frecce, denti, tiranti, come memoria di un antico ordigno bellico. Non c’è più il contrasto tra la superficie splendente e liscia e il suo interno divorato da impronte e segni. Sembra che l’erosione abbia raggiunto anche l’esterno, con una presenza minacciosa ma dinamica, perché all’interno c’è un’altra sfera più piccola, polita e intatta, che tenta di emergere “comunicando all’insieme – come dice Jacqueline Risset – un’idea di nascita e di rinnovamento che sembra contraddire la catastrofe”.
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Pomodoro Arnaldo, Sfera n. 5, 1965
/in Arnaldo Pomodoro, bronze, Loans, Long-term loans, Milan, sculpture /by fap3
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Arnaldo Pomodoro
Sfera n. 5, 1965
bronzo, ∅ 80 cm
La sfera è un oggetto meraviglioso, la sfera viene dalla maga, dai maghi, che sia di vetro che sia di bronzo, che sia piena d’acqua; e anche la sfera è il ventre materno, penso… La sfera è un oggetto straordinario perché riflette qualsiasi cosa ci sia attorno e crea contrasti tali che a volte si trasforma e non appare più. Resta invece il suo interno, tormentato e corroso, pieno di denti, e alcuni dicono che è un elemento che si può agganciare alla tecnologia – non so, è strano il rapporto… Tutto quello che c’è dentro la sfera è proprio l’energia in una forma. La sfera può rappresentare anche la terra; la sfera può rappresentare il mondo, il mondo d’oggi… Che può essere corroso dalla civiltà tecnologica. Io non lo so: io desidero che, guardando la sfera, ci sia nell’interno questa vitalità; e uno possa anche visualizzare il fatto che la sfera si possa scindere, come un campo di forze. Ecco ciò che mi muove a fare le sfere: rompere queste forme perfette e magiche per scoprirne (cercarne, trovarne) le fermentazioni interne, misteriose e viventi, mostruose e pure; così provoco col lucido levigato un contrasto, una tensione discordante, una completezza fatta di incompletezza. Nello stesso atto, mi libero di una forma assoluta. La distruggo. Ma insieme la moltiplico.
da: Arnaldo Pomodoro Sphere within a sphere for the U.N. Headquarters, Roma, Il Cigno Galileo Galilei, 1997, pp. 14-15
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Pomodoro Arnaldo, The Pietrarubbia Group, 1975-2015
/in Arnaldo Pomodoro, bronze, iron, Loans, Long-term loans, Milan, sculpture, steel /by fap3
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Arnaldo Pomodoro
The Pietrarubbia Group , 1975-2015
bronzo, ferro, acciaio e legno, 280 × 1300 × 1300 cm
The Pietrarubbia Group (1975-2015) è, secondo Giulio Carlo Argan, una di quelle opere che, nel pieno della maturità di un artista, rappresentano un riepilogo e un bilancio di tutto un passato. Arnaldo Pomodoro è marchigiano; abita a Milano, ma non ha mai reciso il legame che lo unisce al paese dov’è nato. Lo stesso tema centrale della sua opera di scultore, la memoria e il tempo, ve lo riporta. Pietrarubbia è un borgo delle Marche rimasto per molti anni abbandonato: Pomodoro ne ha recuperata l’antica vicenda storica e l’ha eletto a topos simbolico del suo lavoro. Il monumento è una grande struttura orientabile inserita nello spazio come una macchina del tempo che capti e trascriva il vissuto, le tracce invisibili degli eventi accaduti in quel luogo. Quelle memorie si traducono in segni indecifrabili, infatti l’artista non si è mai proposto di illustrare o raccontare una storia; ha ascoltato il ritmo silenzioso del tempo e l’ha espresso in termini di spazio. La complessa struttura ambientale è un’opera in progress composta inizialmente di tre elementi: Il fondamento e L’uso (blocchi fissi e duplici) e Il rapporto (due porte girevoli e combacianti); cui si sono successivamente aggiunti i due pannelli della Quotidianità. Solo nel 2015 Pomodoro ha completato l’opera con gli ultimi due elementi, Gli assoluti, uno dedicato al dolore e l’altro alla speranza.
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Pomodoro Arnaldo, Lancia di luce, II, 1985
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Arnaldo Pomodoro
Lancia di luce, II , 1985
bronzo lucido e bronzo patinato, h 700 cm, sezione 120 × 120 × 120 cm
Lancia di luce è un’opera progettata in riferimento al lavoro di fonderia, con l’idea leggera e assoluta di un elemento monumentale a sezione triangolare, come un obelisco puntato verso l’alto, un moderno segnale dalla via o dal cielo, con il suo forte richiamo di luce. Nella scultura si può leggere, per così dire, la storia industriale dal trattamento del ferro con i suoi detriti alla fusione dell’acciaio e alle operazioni sul materiale incandescente: una metafora dell’invenzione umana e dello sviluppo di ogni ricerca.
da: Arnaldo Pomodoro, catalogo della mostra, Milano, Skira, 2016, p. 154
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Pomodoro Arnaldo, La Colonna del viaggiatore, 1959, I, 1959
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Arnaldo Pomodoro
La Colonna del viaggiatore, 1959, I, 1959
piombo e legno, 194 × 30 cm
Gillo Dorfles scrive – a proposito di una serie di opere della quale fa parte anche La Colonna del viaggiatore, 1959, I – che “si trattava di macchine umane, di macchine non funzionanti che avevano lo stesso valore delle antiche pietre sacre, delle remote cittadelle cosmogoniche. Era logico perciò che Pomodoro si valesse di quei particolarissimi segni (segni del tutto asemantici, di cui egli stesso ignorava il significato) per dettare il suo peculiare messaggio; e certo questi segni non dovevano essere intesi (come alcuni critici vollero) come riferimenti ad antiche culture, ad alfabeti arcaici”.
da: G. Dorfles, in, Libro per le sculture di Arnaldo Pomodoro, Milano, Gabriele Mazzotta editore, 1974, p. 191; poi in Scritti critici per Arnaldo Pomodoro e opere dell’artista 1955-2000, a cura di L. Berra, B. Leonetti, Milano, Lupetti Editori di Comunicazione, 2000, p. 90
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Mattiacci Eliseo, Fluidità, 1999
/in Loans, Long-term loans, Mattiacci, Milan, Other artists, SCULPTURE /by fap3

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Eliseo Mattiacci
Fluidità, 1999
iron disc, with cast and clinging aluminum, ∅ 200 × 2 cm
Mattiacci è uno dei protagonisti delle tendenze italiane più sperimentali. Dalla fine degli anni Sessanta non ha esitato a sostituire all’opera comunemente intesa l’evento svolto in tempo reale o l’installazione con i materiali più inusuali (come il suo famoso Tubo di 150 metri del 1967), con una particolare predilezione per i metalli. Solo dall’inizio degli anni Ottanta l’opera riafferma la sua centralità di oggetto, anche se sfugge alle connotazioni tradizionali della scultura. Mattiacci crea infatti forme semplici dalla forte connotazione simbolica, con esplicito riferimento al cosmo. Grandi scudi circolari in ferro liberamente collocati nello spazio, sfere, putrelle diventato altrettanti emblemi: la scultura tende a trascendere la propria struttura fisica per farsi indice di una dimensione ulteriore, infinita. Anche Fluidità risente di questa tensione. Sull’ampia superficie di un disco in ferro, le colate di alluminio fuso si rapprendono in dense chiazze di diverso colore e danno all’opera l’aspetto di un misterioso corpo celeste.
from: Fondazione Arnaldo Pomodoro. La Collezione permanente, exhibition catalogue, edited by G. Verzotti, A. Vettese, Milan, Skira, 2007, p. 176
Kounellis Jannis, Untitled, 2005
/in Kounellis, Loans, Long-term loans, Milan, Other artists, SCULPTURE /by fap3
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Jannis Kounellis
Untitled, 2005
iron, drawing paper, h 537 cm
Definire scultore Kounellis è arduo, posto che il suo lavoro si è sempre realizzato all’insegna della pittura, ma non è fuori luogo, posto che la pittura come linguaggio specifico non è mai stata frequentata dall’artista. Meglio sarebbe chiamare le sue opere, tutte senza titolo, installazioni, perchè la scelta dell’artista riguardo ai materiali e al loro apporto con lo spazio si esplica a vasto raggio e con totale libertà. L’opera in collezione è pensata appositamente per lo spazio dato, nel senso che la sua misura collima con quella della struttura architettonica che abita: una lunga putrella di ferro arriva a toccare il soffitto grazie ad una risma di fogli da disegno posta sulla sua sommità. I fogli si piegano verso il basso in modo da formare un elegante capitello che svetta sulla colonna slanciata. Ogni elemento è condizione di esistenza dell’opera, lo spazio e i materiali usati, nessuno funzionerebbe senza il concorso dell’altro. Il ferro ricorre spesso nel lavoro di Kounellis, al pari della putrella come oggetto che evoca la costruttività, mentre i fogli da disegno, che compaiono in questa soluzione per la prima volta, rimandano inevitabilmente all’attività dell’artista. Disegnare, costruire, sostenere, progettare spazi sono le azioni e le funzioni che si trovano allusivamente unite. Come sempre in Kounellis l’opera si staglia nitida, come una visione, semplice nella realizzazione tecnica e densa di significati.
from: Fondazione Arnaldo Pomodoro. La Collezione permanente, exhibition catalogue, edited by G. Verzotti, A. Vettese, Milan, Skira, 2007, p. 175
Del Pezzo Lucio, Il Teatro degli Arcimboldi, 2001
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Lucio Del Pezzo
Il Teatro degli Arcimboldi, 2001
sandblasted and painted stainless steel, 300 × ∅ 300 cm
From the very early 1960s, Del Pezzo intended to overcome the poetics of the informal and its expressive legacy with a research that suspended the painting in a dimension halfway between the painting and the bas-relief: on the surface, often protruding, there were colored signs, but also object elements in strong projection, usually treated in a single color. Signs and objects recalled the iconism and atmosphere of De Chirico’s metaphysical painting, as if to underline a cultural rather than national belonging. Sculpture for Del Pezzo is therefore only the accentuation of the characters that painting already possesses, from which it is distinguished by its monumental dimensions. The colored paints of the Teatro degli Arcimboldi recall the liveliness of painting, and make the geometric shapes (columns, circle, obelisk…) that stand out slender on the base playful, like characters in a theatrical performance.
from: Fondazione Arnaldo Pomodoro. La Collezione permanente, exhibition catalogue, edited by G. Verzotti, A. Vettese, Milan, Skira, 2007, p. 173
The Secular Society Tenute Lunelli Assic. Teglio di Paola Teglio e C. Snc Barabino&Partners SPA Fondazione Bracco Giuseppe Fontana Stefania Linari Braglia Parco Termale Negombo – Ischia have already chosen to support the Foundation
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