Giuseppe Maraniello
Pescatore, 1994
bronzo, corde d’acciaio, sale e zucchero, 200 × 250 × 800 cm
Quella di Maraniello è sempre stata una sorta di “antiscultura”, visto che la sua opera trasgredisce molti dei canoni di questa disciplina. Lo si vede bene in questo Pescatore, ma le osservazioni possono valere per il corpus intero della sua produzione, compresa la pittura. Innanzitutto, il rapporto con lo spazio, sempre libero fino all’arditezza. In questo caso l’opera usufruisce di una parete da cui sporgersi, ma non è un bassorilievo: e il suo aggetto è talmente forte che occorrono cavi di acciaio per ancorarla al piano. Il “pescatore” è infatti tematizzato dalla lunga asta di bronzo la cui sommità guarda verso il basso. Altro canone trasgredito è quello dell’unicità, la scultura diventa un corpo multiplo. Non solo i cavi entrano a far parte integrante dell’opera, ma questa si conclude con una sorta di urna, appesa all’asta per via di piccole catene, che per conseguenza pende nel vuoto verso l’osservatore. Infine, i materiali: se il bronzo costituisce l’ascendenza nobile della scultura, l’artista non esita ad accoppiarlo con materiali comuni come il sale e lo zucchero, che reagiscono all’atmosfera, opponendo la loro reattività e la povertà alla fissità aulica della scultura tradizionale.
da: Fondazione Arnaldo Pomodoro. La Collezione permanente, catalogo della mostra, a cura di G. Verzotti, A. Vettese, Milano, Skira, 2007, p. 176.